Una Domenica col Gruppo Giardinaggio
Il mio pollice destro, ma anche il sinistro, da che ricordo, sono color pece. Fin da bambino, seppur innamorato della Natura, avevo questa specie di maledizione, di super potere “al contrario”, a causa del quale il mondo vegetale periva al solo contatto con le mie mani. Margheritine, roselline, violette. Fin dai primi momenti capii che, se amavo veramente la natura, dovevo starne alla larga. E così feci… per anni.
Da giovinetto poi ci riprovai puntando sul sicuro: piante grasse.
“Quelle nun morono nemmanco co’ la bomba atomica, vai tranquillo!”, aveva dichiarato sicuro il vivaista quando gli rivelai i miei timori. Ma anche quelle cinque, innocenti, piantine grasse durarono ancora meno di Artù, un pesciolino rosso che volli salvare dalle grinfie del Luna Park, a quattro anni, e che finì i suoi giorni quella sera stessa, nel sifone del lavandino.
Poi fu la volta di una “Nephrolepis Exaltata”, una felce sudamericana immortale, che perì anch’ella in una uggiosa giornata autunnale.
Dopo l’ennesima delusione mi ripromisi di abbandonare definitivamente le mie velleità di agricoltore, per dedicarmi a qualcosa che fosse più nelle mie corde e non ci ho pensato più per anni.
Poi, pochi giorni fa, leggo un messaggio sulla chat di classe: “aaa cercasi giardinieri per un giorno…anche prima esperienza, no perditempo”…eccetera eccetera e qualcosa si è mosso, di nuovo, in fondo all’anima.
“Sarà la mia occasione”, mi sono detto e subito ho dato la mia adesione.
Mi sono presentato al “Giardino dei Cedri” con dei guanti da giardino del 1996, con i quali avevo già ucciso un ulivo nano in quella fredda Primavera, una forbice arrugginita, che si bloccava stupidamente a ogni potatura e un piccolo segreto nella borsa, da non rivelare ad anima viva.
Mi ero ripromesso di “volare basso” e di non espormi. I fiori e le piante del giardino erano troppo belli per essere sacrificati in nome del mio super potere da pollice nero e così ho deciso di star loro lontano…lontanissimo.
Sono andato da Emanuela e Silvia del gruppo giardinaggio e ho offerto alla causa le mie doti di “facchinaggio estremo”.
Assieme ad altri due padri “Maciste” abbiamo bonificato un’area abbandonata e smaltito, nell’ordine:
- Tre carriole di sassi, blocchetti di cemento e altre amenità
- 19 sacchi neri grandi pieni di indifferenziato e verde.
- 12 enormi tronchi da centomila tonnellate ciascuno, posizionati ad hoc nel giardino.
- Milioni di tonnellate di legna da ardere che ora stazionano (chissà ancora per quanto tempo) di fronte al cancello di casa mia in campagna.
Molte mamme intanto tagliavano, seminavano, abbellivano, annaffiavano, ripulivano, potavano, riordinavano e spazzavano ovunque in una sorta di trance da catena di montaggio. Per un attimo ho pensato che la scuola avesse ingaggiato una società di professionisti…Come in quei programmi televisivi tipo “Giardini da incubo”. A quel punto ho colto l’occasione e, di nascosto, lontano da occhi indiscreti, ho preso la mia borsa e ho tirato fuori il mio “segreto”: un piccolo bulbo di tulipano che mi ero portato dietro e che ho piantato, con estrema cura e discrezione, in un angolo remoto del nostro Giardino dei Cedri.
Questo sarà il mio ultimo tentativo di cambiare il colore al mio pollice destro (ma anche al sinistro). Se il tulipano nascerà sarà la prova che si può cambiare, superando i propri limiti, sempre e in qualunque momento della nostra vita. Se invece, come tutte le volte, non crescerà niente, allora il mio pollice resterà nero per sempre e io continuerò a spostare carriole, smaltire sacchi dell’immondizia e, al massimo, mangiare frutti della terra che qualcun altro pianterà anche per me e per i miei pollici. Tanto, il punto esatto della semina, a dirla tutta, neanche lo ricordo più!
Galleria Foto Giornata
